I dettagli di Napoli: un imperatore in via Tribunali!
Nel cuore del centro antico, in via Tribunali, c’è il magnifico Palazzo d’Angiò conosciuto come il “palazzo dell’imperatore”. Un fabbricato imponente con le colonne cerchiate in metallo per sostenere l’appesantimento dell’edificio dovuto agli interventi seicenteschi e che qualche settimana addietro ha visto pure della calce spalmata su uno dei pilastri in pietra! Sotto questo portico è transitata la storia del Mediterraneo e della città, testimone ne sia l’antico portale e lo stemma che lo sovrasta dove è facile individuare i gigli angioini. Prima di conoscerlo nelle sue forme attuali, lo spazio era occupato dalle abitazioni delle famiglie De Porta e De Bussiaco, questi ultimi potenti cancellieri del Regno tanto che il nome ricorre addirittura ne I registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangeri. Filippo d’Angiò, principe di Taranto, figlio di Carlo II detto lo zoppo, ha sposato Tamara Angela Comnena Ducena, figlia di Niceforo I d’Epiro per ripudiarla nel 1309 e sposare nel 1313 Caterina II di Valois, imperatrice latina. Le vicende storiche lo hanno portato prigioniero, protagonista della storia di Sicilia e addirittura a perdere i terreni d’Oriente a seguito di una serie intricata di matrimoni e congiure degni di una moderna telenovela! Filippo, nel 1295, ha accorpato le costruzioni preesistenti e fatto realizzare i portici successivamente rimaneggiati dalla famiglia Cicinelli che è succeduta nella proprietà. Il portone centrale è un capolavoro gotico, sovrastato, come detto, dall’arme della famiglia angioina mentre, alla sua sinistra sopravvive un raro affresco trecentesco della Madonna; all’interno, è murato lo stemma di famiglia con il campo occupato da un’anatra, a significare il viaggio iniziatico e la ricerca spirituale e tre gigli simbolo di regalità e purezza. Nel corso dei secoli, i principi di Tursi, che ne acquisirono la proprietà hanno effettuato delle pesanti aggiunte barocche tanto che sono stati necessari degli archi di sostegno alla struttura del portico che ha ospitato addirittura l’accademia Pontaniana.
A cura di Luciano Troiano