Un antico quadro della Grotta Azzurra, per secoli ritenuta infestata da spiriti
La foto che vedete riproduce il quadro di autore ignoto, “La Grotta Azzurra a Capri”, seconda metà XIX secolo, e proviene dall’Archivio Certosa e Museo di San Martino – Direzione regionale Musei Campania, pubblicata oggi sul sito del museo.
“Lo sapevi – si legge – che la Grotta Azzurra, sontuoso ninfeo in età romana, fu ritenuta per secoli infestata da spiriti e abbandonata fino al 1826, quando fu riscoperta dall’artista tedesco August Kopisch, in quel periodo in Italia per studiare archeologia a Roma e a Napoli?
Da allora, anche la Grotta Azzurra diventò una delle mete dei viaggiatori stranieri e fu ritratta in schizzi, acquerelli e dipinti secondo una moda che, inaugurata con il Grand Tour, diede origine dalla seconda metà del ‘700 e fino agli inizi del ‘900 alla produzione delle “gouaches napolitaines”, dipinti di piccolo formato che per l’immediatezza e la facilità di esecuzione fu molto gradita ai viaggiatori dell’epoca che desideravano portare con sé un ricordo dei loro viaggi, un po’ come le nostre cartoline o souvenir.
La produzione “à la gouache”, o “al guazzo”, costituisce oggi una preziosa documentazione del vedutismo europeo in cui la scuola pittorica napoletana ebbe un ruolo di primo piano, con artisti del calibro di Pietro Fabris, Pierre Jacques Volaire, Jacob Philipp Hackert, Alessandro D’Anna, Saverio Della Gatta, Salvatore Fergola.
Una delle gouaches dedicate alla Grotta Azzurra è conservata nel Gabinetto di Disegni e Stampe della Certosa e Museo Nazionale di San Martino: opera di pittore ignoto di ambito napoletano della seconda metà dell’’800, fu esposta al Museo Pignatelli di Napoli Villa Pignatelli – Casa della fotografia nella mostra “Gouaches napoletane del Settecento e dell’Ottocento”, realizzata nel 1985 dall’allora Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli.
A partire dalla seconda metà dell’’800, la produzione di gouaches napoletane assunse forme sempre più corsive e commerciali: al turismo d’élité del Grand Tour si andava sostituendo quello “di massa”, le scene dipinte dal vero cedevano il posto alle copie da stampe e litografie, mentre nel mondo dei “ricordi di viaggio” si affacciava una nuova, rivoluzionaria invenzione, il dagherrotipo, segnando così la nascita della fotografia..”