Il dubbio su Walter Ricciardi: “Perché parla sempre ‘a schiovere?”

Gualtiero Ricciardi, per gli amici “Walter”, consigliere del ministro Speranza, continua a generare “allarmismo” con le sue dichiarazioni. Sembra proprio non riuscire a domare il desiderio di presentarsi davanti a qualche microfono per annunciare misure più restrittive per il contrasto alla diffusione del Covid.
Solo pochi giorni fa, ospite a “Che tempo che fa”, ha condiviso la sua strategia per affrontare la pandemia: un nuovo lockdown totale per 3/4 settimane. “Credo che il ministro della Salute Roberto Speranza”, ha poi aggiunto, “sia convinto di questa nuova fase, spero che il presidente del Consiglio Draghi recepisca e che il governo appoggi, ma dipende dal governo”.
Il problema è che a dirle certe cose non è un fesso qualunque, ma il consigliere del ministro della Salute. E se a parlare è uno che occupa una posizione del genere, volete forse che i cittadini non vadano in agitazione?
Solo una curiosità: perché dirlo?
Ricciardi, detto Walter, ha probabilmente capito come far parlare di sé. Già ad ottobre, nei giorni immediatamente successivi alle proteste che caratterizzarono numerose piazze italiane, avanzò una proposta di una inutilità disarmante. Secondo il “consigliere” bisognava procedere a un lockdown localizzato per le città di Napoli e Milano. Parole che sembravano appartenere a un uomo ignaro della rabbia esplosa nelle strade italiane anche a causa della frustrazione delle persone.
Non entriamo nel merito della questione scientifica. D’altronde l’esperto è lui. Ma ammesso pure ci sia qualcuno che, stando a queste dichiarazioni, stia pensando a una misura del genere, che senso ha dirlo in questo modo? Così non si aiuta la popolazione a comprendere le motivazioni di tale svolta e nemmeno si definiscono eventuali periodi in cui entrerebbe in vigore una misura di questo tipo?
In altre parole, ammesso pure che Ricciardi, detto Walter, abbia ragione, perché l’esperto consulente non si limita a “consigliare” Speranza e lascia a chi di dovere l’onere della comunicazione?
Ricciardi e il palcoscenico della pandemia
La percezione è che, per l’ennesima volta, ci sia qualcuno desideroso di cavalcare l’onda mediatica della pandemia per accaparrarsi, anche se solo per poco tempo, uno spazio nei palinsesti di qualche talk show televisivo.
Per moltissime persone, pure Barbara D’Urso andrebbe bene. E poco importa se, intanto, la gente esplode in rivolta, urla nelle piazze per rivendicare i propri diritti o, nella peggiore delle situazioni, vive un tempo di particolare depressione e crisi a causa di difficoltà economiche e lavorative. In questo momento, più che in altri contesti, gli italiani meriterebbero una comunicazione lineare, chiara, trasparente. Dichiarazioni da uomini delle istituzioni capaci, non tanto di rassicurare, ma almeno di offrire una direzione ben definita su un futuro ancora troppo incerto.
Una vera utopia in un Paese nel quale sembra vogliano sempre tutti giocare in attacco e a nessuno piace fare il lavoro sporco dei mediani. A quanto sembra, per certe persone vale pur sempre la pena gettare una bomba nella mischia per qualche minuto di celebrità. La pandemia è stata e continua ad essere un ottimo trampolino di lancio per la popolarità di molti.
Diceva bene Bersani, ieri, ospite a “Di Martedì”, riferendosi proprio a Ricciardi: “Certo, non gli si può legare la lingua”. Non è possibile farlo, ovviamente. Possiamo solo sperare che, al più presto, il consigliere, detto Walter, capisca di dover provvedere da solo.
Rocco Pezzullo

Giornalista pubblicista. Nato nel 1990, dopo il conseguimento della maturità classica, sceglie di dedicarsi allo studio della Filosofia e dei fenomeni religiosi. Legato da sempre al mondo dell’associazionismo e del volontariato, è principalmente impegnato nel tentativo di tirare fuori il meglio dai ragazzi che incontra grazie alla sua attività di insegnante. E’ tra i fondatori de IlVaporetto, poi fusosi con Identità Insorgenti nel 2019. Sempre caratterizzato dal desiderio di raccontare la bellezza che resiste, nonostante.